Una specie di abisso portatile_cover
Luisa Pianzola
Una specie di abisso portatile
La Vita Felice, Milano 2015
Collana Le Voci Italiane
Postfazione di Mario Santagostini
pp. 92, euro 13
info e acquisti: www.lavitafelice.it
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Dalla postfazione di Mario Santagostini:

«[…] La poesia di Luisa Pianzola mostra di gravitare attorno alla lingua viva. Certo, non mancano i prelievi dalle memorie letterarie testate […]. In ogni caso, se c’è da segnalare una nota caratteristica della scrittura, questa andrà rintracciata nelle innumerevoli discese dai codici letterari verso idiomi più bassi, prossimi al parlato. Con varie incursioni nel terreno degli idioletti gergali, nei tecnicismi, a volte nel dialetto. L’esito complessivo è una lingua poetica che, giocando su pesi e contrappesi, su eccessi e reticenze, tende all’equilibrio e, di fatto, lo raggiunge con naturalezza d’artista.
La lingua di Luisa Pianzola è zeppa di situazioni fluide, sospese tra senso e non-ancora- senso. Direbbe il tecnico: è zeppa di situazioni produttive. È lingua viva, insomma.
Vivissima. Ancora in fieri, in evoluzione permanente. Dove ‘l’espressività prevale sulla mimesi’.
Ho già definito Luisa Pianzola autrice antinarcisista e disforica come pochi. Questo libro, adesso, sembra confermare tutto.»

Selezione critica
Angela Caccia
, 1 luglio 2016, recensione a Una specie di abisso portatile su Versante Ripido

Meeten Nasr, febbraio 2016: «[…] Questo libro così aspro e forte ha opposto resistenza con ostinazione ai miei vari tentativi di leggerlo, interpretarlo e – potrei dire – addolcirlo. E ancora oggi, dopo varie letture e riletture, non sono ancora ben sicuro di essere all’altezza del compito. […] Mi chiedevo: Cos’è che “va morendo” nella citazione di Houellebecq? O perché quell’elenco divagante delle Aigues Mortes? […] Ciò alimentava l’illusione che il testo critico di Santagostini, se consultato subito e non dopo la lettura del libro, avrebbe portato in me più luce. Ma mi era sembrato sleale stabilire “un’intelligenza col nemico”. Sono poi arrivato alla meritoria postfazione che si conclude attribuendo a te la responsabilità di “un discorso zoppo… in cui si aprono delle faglie, dei buchi di non-senso… dei virus” e ci richiama “a una analisi più attenta della situazione”. Difficile non condividre le impressioni di Santagostini. Però è altrove che, secondo me, va cercato il tuo “parlato metrico in poesia”: per esempio tra le impennate di quel tuo linguaggio disseccato, un po’ amaro, molto femminile, di sola andata (come dici tu) impiegato da te in Miniserie che, a mio parere, è qui l’opera più tua e forse più completa del libro. […] Al di là delle tue barriere linguistiche restano in attesa una gran quantità di scenari visionari apparentemente di common sense ma sostanzialmente angosciosi e scarsi di giustificazione. Eppure si è obbligati a riconoscere che proprio questo è il generatore centrale della tua imponente creatività poetica. In questo territorio linguistico asciutto e antiretorico ricorre infatti questa domanda: “Perché proprio così, senza determinabili premesse e/o conseguenze? Può la poesia guidarci nell’ignoto senza un contenuto condivisibile anche se in simbiosi col tutto?”»

Giampiero Neri, 15 luglio 2015: «Un buon libro, pieno di cose e di umori, e quel verso “Chi lo sa perché si sentono questi passi domenicali,/ anche il lunedì”, è un colpo d’ala.»

Piera Mattei, 5 giugno 2015: «Nel libro Una specie di abisso portatile, di Luisa Pianzola, un’autrice che seguo da anni, una poesia mi piace, tra le altre, molto. Esce dal suo stile più consueto. Parla del vivere e anche del fare poesia: Solo sincerità ed essere onesti./ L’ho chiesto a un bruco e lui mi ha detto anch’io/ vivo dell’effetto che mi fa la vita, anch’io esprimo/ il vivere imperfetto e il mio avanzare/ circospetto come il tuo aspira a sigillare la giornata/ tra azioni incerte e movimenti a spanna.// Eppure un travolgente amore/ un orgoglio del mio essere qui a dire e non dire/ a cercare con pena la verità./ Io mi spello le mani tendo l’orecchio/ per provare il vero mi usuro il ventre/ a furia di raschiare un suolo poco scivoloso/ e cado, pur dalla mia infima statura/ e mi rialzo e temo come tutti voi/ e so poco o nulla del mondo.»

Angela Caccia, 25 novembre 2015, recensione a Una specie di abisso portatile, il ciottolo